Giovanni Punzi

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«Contatto fili! contatto fili!»

Avevo circa tre anni quando pronunciai queste parole. Nella mia testa servivano a spiegare ai parenti riuniti per le feste natalizie come mai i treni che giravano sul plastico di casa si fossero improvvisamente fermati. Doveva essere il Natale del 1987.

Con quelle parole credo volessi intendere un cortocircuito sul tracciato. All’epoca non pensavo che quella frase potesse fare tanto scalpore. Nella mia famiglia invece se la ricordano tutti ancora oggi.

Ebbene sì, a nemmeno tre anni già giocavo col trenino, ovviamente Marklin, di mio padre. La sua storia di marklinista è simile a quella di moltissimi suoi coetanei, che iniziò con un ovale di binari M e una 3001 scorazzante sul pavimento del salotto.

Tra i miei primissimi ricordi d’infanzia il suo trenino ha un posto privilegiato. In casa avevamo un plastico di circa 10 metri quadri, che a me pareva enorme. Quando tornavo a casa dall’asilo, spesso mi facevo aiutare da mia madre a infilare la presa del trasformatore al muro e poi via, cominciava l’avventura!

A quell’età non ero ancora in grado di comandare gli scambi motorizzati, i semafori e la piattaforma, quindi mi accontentavo di far girare un treno alla volta e fargli percorrere lo stesso giro per ore, magari deviando di tanto in tanto il percorso grazie a qualche scambio di quelli non motorizzati, che usavo con disinvoltura.

Ho ancora qualche ricordo di mia madre che mi dice: «Stai un po’ fuori al sole che è una bella giornata! Basta stare in cantina; non sei mica un topolino!».

Il bello era quando la sera mio papà rincasava dal lavoro e faceva girare 5 o 6 formazioni di treni contemporaneamente e “in notturna”. Il buio mi faceva un po’ paura, ma lo spettacolo del plastico illuminato e di tutto quel movimento scintillante era impareggiabile.

Un giorno, colto da un momento di bizzarria infantile presi tre locomotori, li misi uno sopra l’altro, e con un quarto usato come martello decisi di giocare al riparatore, di provare la loro robustezza.

Anche se fui intercettato e fermato pochi istanti dopo l’inizio della mia opera di demolizione, qualche danno ci fu lo stesso. Inutile dire che per castigo mi fu interdetto l’utilizzo del trenino per molto, molto tempo. Devo però costatare che tutti e quattro i modelli usati in questa mia malsana operazione compiono ancora oggi il loro onesto lavoro sul mio plastico.

Il mio interesse per il mondo ferroviario, reale e in miniatura, lo considero una sorta di passione innata. Che sia stato il fratello gemello di mia nonna, classe 1914, macchinista dell’epoca del trifase e del vapore a trasmettermi l’amore per il mondo dei treni? Se è così, è proprio vero che buon sangue non mente.

Dopo qualche tempo lo spazio in casa cominciò a diventare stretto: il plastico venne smantellato e il materiale rotabile archiviato in scatole di legno per il vino in garage. I locomotori potevano sgranchirsi le ruote con saltuarie sedute di gioco durante i periodi di vacanza.

A sorpresa, durante gli anni delle scuole medie la passione per il trenino tornò improvvisa: i tracciati vennero promossi di grado e trasferiti dallo sporadico uso sul pavimento a una fissa collocazione sui tavoloni sui quali aveva poggiato il plastico circa 10 anni prima. I treni avevano tutto lo spazio occorrente per fare lunghi giri, ma mancava un plastico adeguato a fare da cornice alle loro scorribande.

Il passaggio dalle scuole medie alle superiori fu un po’ drastico: considerando il trenino “roba da bambini” accantonai tutto e di treno non ne parlammo più, né io né mio padre. Il materiale venne accantonato in una vetrinetta semidimenticata.

Fino a oggi.

Con una coincidenza difficilmente spiegabile, circa un anno fa, navigando in internet scrissi “Marklin” su un motore di ricerca, perché curioso di vedere se su internet questo glorioso nome fosse o meno contemplato. Con mia enorme sorpresa, mi si aprì davanti un mondo molto vasto, da me in piccola parte conosciuto anni addietro ma per larghissima parte inesplorato.

Davvero non pensavo che il fermodellismo fosse ancora così diffuso e che potesse creare dei momenti di condivisione e discussione in rete.

La mia navigazione approdò al sito di Marklinfan. Navigando tra le sue pagine capii che era giunta l’ora di recuperare quella passione che mi aveva accompagnato durante l’infanzia.

Il recupero funzionale di tutto il materiale e ricerca dei pezzi di ricambio richiese qualche tempo e molto olio di gomito, ma ora tutto è tornato a funzionare benone. Anche la vecchissima 3001 del ‘57 che avevo rotto a mio padre circa 10 anni addietro ricominciò a girare grazie a un lavoro di sistemazione da me compiuto, forse non molto rispettoso dell’età del modello ma del quale vado comunque fiero.

Attualmente io e mio padre abbiamo un plastico in costruzione, analogico e con armamento M –devo recuperare il tempo addietro, per il digitale ci sarà tempo poi..! –, qualche pezzo interessante della serie 3000 dall’aspetto spesso vissuto ma dalla circolabilità garantita e qualche embrionale tentativo di autocostruzione.

Ai prossimi aggiornamenti!

 

IL RESTAURO DI UNA 3001

 Probabilmente gli amici del sito che entrarono nel mondo Marklin a metà degli anni ’50 posseggono anche loro un esemplare…

Per gli sfortunati che, come me, non sono stati in grado di mantenerlo adeguatamente conservato e funzionante, propongo il mio lavoro di restauro.

La mia 3001 fu acquistata nel lontano 1956 da mio padre.

Dopo 40 anni di onesto servizio sul suo plastico, a metà anni ’90 iniziò a perdere colpi, e a causa di un mio disastroso tentativo di ripararla (all’epoca avevo circa 12 anni), diventò non funzionante del tutto.

Ecco come si presentava prima del trattamento:

 

 

Oggi, dopo circa 10 anni di inattività, la mia BR E 63 DB è tornata funzionante!

Per compiere il restauro mi sono servito di materiali casalinghi, qualche pezzo di ricambio e un po’ di fantasia!

 

In particolare, ho avuto bisogno di:

 

MANTELLO

 

Vista la sua fragilità, ho deciso di lasciarlo così com’era, limitandomi a una minuziosa ma delicata spolverata con un pennellino e una piccola carteggiata ai corrimano con la carta vetrata, per togliere la ruggine (è un’operazione da eseguire con molta attenzione, in quanto si rischia di graffiare la carrozzeria o di spezzare i corrimano).

 

PARTI MOTORE

 

La sostituzione di rotore e portaspazzole è abbastanza semplice.

Ecco come si presentava il motore prima dell’operazione di ricambio:

 

 

 

Per procedere mi sono annotato lo schema dei collegamenti elettrici di rotore e portaspazzole, dopodichè, col saldatore ho dissaldato  i fili a essi collegati.

Col cacciavite, ho smontato rotore e portaspazzole e li ho sostituiti con quelli nuovi.

Usando nuovamente il saldatore, ho ripristinato i collegamenti originari.

A questo punto la loco è tornata funzionante.

Ecco come si presenta dopo il lavoro:

 

 

PULIZIA E RIVERNICIATURA

 

A questo punto ho svitato le bielle (non presenti nella foto) usando una piccola pinza, mentre con l’aiuto di un cacciavite ho tolto le ruote dagli assi, facendo molta attenzione a non stortarli.

Ho inserito ruote, bielle e assi a riposo per una notte in un bicchiere di Cola (facilita il lavoro di pulizia e carteggiatura); dopodichè ho asciugato e pulito il tutto utilizzando un tovagliolo di carta.

Ho proseguito carteggiando attentamente le ruote, le bielle e tutte le parti verniciate in rosso presenti sul telaio.

Questa fase richiede grande pazienza e delicatezza, perché si corre il rischio di limare le sporgenze delle ruote e le parti in rilievo sulla zona posteriore del telaio.

Infine, ho ripulito col pennellino tutto il telaio, le ruote e le bielle al fine di togliere i residui della carteggiatura.

Sono passato poi alla fase di riverniciatura vera e propria, utilizzando la vernice rosso fuoco e un pennellino a punta arrotondata, coprendo le parti da non riverniciare con lo scotch di carta.

Per il telaio sono state necessarie due mani di vernice, sulle ruote ne è bastata una sola.

 

FASI FINALI

 

Ho poi rimontato ruote, assi e bielle al telaio, mettendo un po’ di grasso sugli assi e inserendo un frammento del tovagliolo di carta tra gli assi e le ruote che avevano un po’ di gioco.

Una leggera ingrassata agli ingranaggi, un pattino nuovo e… Voilà!!!

Ecco come si presenta la mia 3001 a fine dell’opera:

 

 

 

Se non fosse per il mantello, non dimostrerebbe nemmeno i suoi cinquant’anni d’età!!! J

Resto in attesa di qualche commento o consiglio per migliorare il lavoro…

 Video della 3001 al lavoro

Lavoro eseguito da: Skygio